Palestrina è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio, situata lungo la via Prenestina, a cui ha dato il nome, in quanto l'antico nome della città era Praeneste.
Palestrina sorge sulle pendici del monte Ginestro, una delle sommità dei monti Prenestini, tra i bacini dei fiumi Sacco e Aniene. Il territorio comunale è orograficamente eterogeneo, in quanto si passa dai 660 del quartiere Scacciato fino ai 350 delle frazioni a valle.
L'attuale Palestrina sorge sull'antica Praeneste, città latina celeberrima in età antica per il Santuario della Fortuna Primigenia, santuario dedicato alla dea Fortuna PrimigeniaTelegono: Ps.-Plut. parall. min. 41 B (= mor. 316A) = Aristokles FGrHist 831 F2; Praenestes: Solin. 2,9; Mart. Cap. 6,642; Steph. Byz. s. v. Πραίνεστος. e che gli studi più recenti datano agli ultimi decenni del II secolo a.C.
I primi reperti archeologici attestanti l'occupazione del sito e relativi a sepolture cosiddette principesche (Tomba Barberini e Tomba Bernardini), risalgono all'inizio dell'VIII secolo a.C., alla vigilia della fioritura che investì la città in età orientalizzante (VIII-VII secolo a.C.).
Numerose sono le leggende che narrano la sua fondazione. Diverse tradizioni annotano come fondatore Telegono, figlio di Ulisse e di Circe, oppure l'eroe eponimo Prainestos (in greco Πραινεστός), figlio del re Latino e nipote di Ulisse. Catone, Varrone, Virgilio e Solino, invece, legano la città alla figura di Ceculo, creduto figlio del dio Vulcano e ritrovato in fasce presso alcuni fuochi che gli avrebbero occultato la vista.
La città venne conquistata da Roma con i suoi alleati della Lega Latina, dopo aver opposto strenua resistenza durante la quale aveva stabilito un'alleanza con i Galli in funzione anti romana.
La sua posizione strategica, dominante la Valle del Sacco, grazie anche a imponenti opere di fortificazione, un passaggio obbligato nei collegamenti tra il Lazio e l'Italia meridionale, ne favorì la fioritura, attestata dalla costruzione di un foro e dalla monumentalizzazione del santuario oracolare dedicato alla Fortuna Primigenia, datati entrambi alla fine del II secolo a.C. Il santuario si colloca tra i capolavori dell'architettura romana di epoca repubblicana, influenzato, nella scenografica disposizione a terrazze, da realizzazioni ellenistiche, ma realizzato traendo partito dalla tecnica costruttiva del cementizio. Nel 39 d.C. l'imperatore Romano Caligola in onore della Dea Fortuna venerata nella città Praeneste fondò due legioni la legio XXII Primigenia e la legio XV Primigenia Nel 90 a.C. i cittadini di Palestrina ottennero la cittadinanza romana. Nell'82 a.C., durante la guerra civile, la città parteggiò per Gaio Mario il giovane, che qui vi morì. Lucio Cornelio Silla, in quell'occasione, ne sterminò tutti i cittadini maschi e vi installò una colonia militare. Le iscrizioni testimoniano l'avvicendamento nelle occorrenze epigrafiche dei gentilizi prenestini.
Fu uno dei luoghi di villeggiatura preferiti da Augusto, insieme alle coste e le isole della Campania, oltre alle città vicine a Roma, come Lanuvium e Tibur.
A partire dal IV secolo si ha notizia di vescovi prenestini divenendo poi sede suburbicaria, con patrono sant'Agapito martire. Tra i suoi vescovi si contano ben cinque cardinali divenuti in seguito papi.
Concessa per tre generazioni da papa Giovanni XIII a favore della congiunta senatrice Stefania nel 970, passò per matrimonio della sua discendente, la contessa Imilia, nel XII secolo ai Conti di Tuscolo e da questi, intorno alla seconda metà dell'XI secolo ai Colonna che contrastarono la restituzione della città alla Santa sede, consolidandone progressivamente il dominio e divenendo a seguito della concessione di papa Onorio II, principale possedimento storico della famiglia. Rimase così coinvolta nelle lotte dei Colonna contro il papato, subendo disastrose conseguenze quali quella della primavera del 1299 per opera di Bonifacio VIII in cui fu rasa al suolo e nuovamente distrutta dalle fondamenta dal cardinale Giovanni Maria Vitelleschi nel 1436 (o 1437) a causa dell'opposizione dei Colonna a Eugenio IV. Nel 1449 veniva restituita ai Colonna da Niccolò V con l'espresso divieto di ricostruirvi la fortezza che tuttavia venne riedificata nel 1482.
Nel XVI secolo diede i natali al compositore Giovanni Pierluigi da Palestrina.
Pervenuta per divisione nel secolo XIV al ramo dei Colonna di Sciarra, fu eretta in principato con privilegio di Pio V nel 1571 conferito a Giulio Cesare Colonna, venne successivamente ceduta dal figlio di costui Francesco ai Barberini, che la tennero per circa un secolo fino alla loro estinzione quando tornò ai Colonna in persona di Giulio Cesare Colonna di Sciarra, V principe di Carbognano i cui discendenti dovettero assumere, secondo i patti matrimoniali, il cognome Barberini, tenendola fino al termine della feudalità.
A partire dalla fine del XIX secolo, a causa di una carestia che colpì le popolazioni di montagna, un gruppo di agricoltori di Capranica Prenestina si trasferì in un territorio appartenente al comune di Palestrina, territorio che prese la denominazione di Carchitti (attuale frazione di Palestrina), dedicandosi alla coltivazione delle fragole.
Durante il Risorgimento, nel 1849, il tenente Luigi Cucelli si distinse a Palestrina accompagnando la ritirata di Garibaldi da Roma, avvenuta dopo la caduta della Repubblica Romana.
Nel 1944 il centro storico venne distrutto dai bombardamenti, ma proprio la distruzione delle costruzioni che vi si erano insediate dopo l'abbandono, permise di rimettere in luce l'antico santuario repubblicano.
Notevole fu, e resta ancora oggi, l'attività archeologica di riscoperta.
Sempre nel 1944, Il 28 maggio, dei soldati tedeschi stanno rubando del pollame nel podere di Agapito Pinci in località Vigesimo. Minacciato dai soldati Agapito si rivolge ad un gruppo di partigiani che opera poco lontano a Colle Francolino. Del gruppo fanno parte anche Carla Capponi e Rosario Bentivegna, quest’ultimo al comando delle formazioni partigiane dei Monti Prenestini.
Il reparto partigiano interviene e si scontra con i nazisti e nell’episodio rimane ucciso un soldato tedesco.
Nella stessa giornata, subito dopo lo scontro, parte la rappresaglia di un altro gruppo di soldati tedeschi di passaggio che, irrompendo nel Casale dei Pinci, preleva undici persone, tra cui tutta la famiglia Pinci.
Gli undici sequestrati credono di essere stati selezionati per un lavoro sulla strada provinciale di Valmontone per poi tornare a casa in serata ma, poco dopo essersi avviati, vengono fucilati nei pressi della casa. Quelli che seguono, i loro nomi:
Pinci Carlo, Pinci Mario, Pinci Umberta, Pinci Corrado, Pinci Viviana, Pinci Agapito, Pinci Genesio, Scaramella Alvaro, Lupi Giuseppe, Lulli Giulio, Ilardi Elena.
Il comando nazista ammise che si era trattato di rappresaglia non autorizzata, ma non restituì i corpi che furono seppelliti nel cimitero cittadino solo due giorni dopo l’arrivo degli alleati.
Memoria dell’ignobile strage è conservata presso il Museo della Resistenza e degli 11 Martiri in via Pedemontana.
Lo stemma della città di Palestrina è uno scudo con fondo metà verde e metà giallo. All'interno tre corone una di alloro, una di quercia e una di ulivo, due sopra ed una sotto; a quest'ultima è legato un nastro azzurro. Lo scudo è sormontato da una corona dorata sulla cui fascia sono presenti cinque gemme di colore verde, rosso, azzurro, rosso e verde, alternate a 4 perle. Il gonfalone si presenta con sfondo verde e arancione. Nella parte centrale trova spazio lo stemma comunale. Superiormente campeggia la dicitura "Città di Palestrina".
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